Dalla nascita di Andrea è diventato veramente difficile andare al cinema. A volte lo è anche guardare dei film a casa. Ho approfittato di queste festività per vedere qualche arretrato. Ultimamente preferisco le opere prime italiane, anche per capirne il livello e le intenzioni. E in questo senso ho visto due opere prime veramente anomale. In tutti i sensi. ‘Il pranzo di ferragosto’ e ‘Valzer’. Entrambi sono opere prime di over 50, entrambi sono fatti con due lire, entrambi sono figli di produttori coraggiosi, entrambi, a loro modo, sono riusciti. Del primo si è detto tutto credo. Il tema è chiaro, le intenzioni anche. Gianni Di Gregorio, ‘giovane’ cineasta in quota Matteo Garrone, prova (parole sue) a fare un film scritto ormai da molti anni. Assolutamente autobiografico, apparentemente folle dal punto di vista distributivo, ma tenero e sorprendentemente neo-realista. Con tutto il rispetto, non credo che se ne sentisse la mancanza di questo genere, il cinema italiano avrebbe bisogno i nuovi linguaggi piuttosto che di antiquariato spolverato, ma il film è lodevole, piacevole e divertente. Mi sarei aspettato, dopo averne tanto sentito parlare, qualche strizzata di stomaco in più… invece le emozioni non sono state molte, nel bene e nel male. Purtroppo credo che questa mancanza sia dovuta all’assenza di una sceneggiatura. O meglio, parole del regista, la sceneggiatura c’era all’inizio ma durante la realizzazione è stata abbandonata per un più elastico canovaccio sul quale le attrici e gli attori hanno più o meno improvvisato. Rimane comunque un’opera di artigianato cinematografico come da anni non se ne vedevano, fatta per passione e non per soldi. Rimane, in questo senso, un vero mistero l’interesse di Rai Cinema per questo film… o forse no… che ormai Garrone trasformi in oro tutto ciò che tocca? (a parte il suo Gomorra – tiè, via il sassolino).
‘Valzer’ di Salvatore Maira è tutt’altro film. Mentre il primo gioca solo coi contenuti (la regia è quasi inesistente) questo fa della regia il suo punto cardine. ‘Valzer’ è un piano sequenza unico (cioè senza tagli) di 90 minuti – wow – e si svolge tutto all’interno di un hotel di Torino. La trama è un po’ confusa e, come nel precedente, le emozioni non la fanno certo da padrona, ma i temi trattati e lo sforzo produttivo sono quanto mai interessanti. Bellissima l’idea dei flashback sul piano sequenza, bello il primo ingresso e sorprendente il ritorno al presente. La sceneggiatura, più da piece teatrale che da cinema vero e proprio, è consapevole, gli attori sono diretti bene ma, a causa dell’unicità dell’opera – un impianto a livello registico così complicato non permette la stessa attenzione che in un film classico nei confronti degli attori – a volte si perdono per strada. Valeria Solarino – che non conoscevo – è, oltre che bellissima, molto brava, e regge da sola tutto l’impianto drammatico. Rimangono dei dubbi su alcune scelte rispetto alla trama, non si capisce perchè della messa al fuoco di alcuni contenuti – fuorvianti – che smontano l’empatia nei confronti di un padre malandato che cerca la figlia scomparsa e che nulla aggiungono al mondo che viene raccontato nel film cioè il potere mass-mediatico, la frivolezza dei nostri tempi, la ricerca delle scorciatoie per il successo ecc… In ogni caso, nell’arido mondo cinematografico italiano, ‘Valzer’ è un dissetante tentativo di uscire dagli schemi. Ovviamente nessuno l’ha visto al cinema, nessuno ne ha sentito parlare, pur avendo raccolto diversi premi a festival importanti in giro per il mondo… uno di questi in particolare mi ha incuriosito… Italia FilmFest – Miglior Montaggio! Bizzarro per un film privo di tagli…
Ed infine il terzo film che ho visto il questi giorni. Nè italiano, nè opera prima: fratelli Coen, ‘A serious man’. Roma, Cinema Lux, sala 6. Proiezione trapezoidale, poltrone da oratorio, cabina di proiezione non isolata acusticamente (immaginate il rumore del proiettore a 50 dB per tutto il film), mammamia, chiudetelo! I Coen continuano con lo spacciatore sbagliato e toppano l’ennesimo film che, al mondo intero viene venduto come il nuovo Fargo… AHAHAH, per l’amor di Dio… ma non scherziamo! Una storia senza capo ne coda, comprensibile – spero almeno per loro – da una piccola cerchia di ebrei americani che non emoziona, non fa pensare, non fa ridere, non fa piangere, non insegna qualcosa, non incuriosisce. A mio avviso, dopo ‘Non è un paese per vecchi’, credo sia il peggior film dei fabulous brothers, che a far gli intellettuali non ci prendono minimamente. Un passo indietro, per carità!