Be happy with what you have to be happy with.

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Dopo averne tanto sentito parlare finalmente ho avuto l’occasione di testarla su una produzione. Sinceramente partivo molto prevenuto, ho sempre pensato che la RED fosse una grande (e ben congegnata) operazione di marketing: un look molto cool, da terminator filmaker, un sito paraculino, l’occhio strizzato agli utenti indipendenti per quanto riguarda la post, e un prezzo, apparentemente abbordabile. C’era qualcosa che non mi tornava, così ho approfondito un po’ lo studio.
La camera si presenta con un sensore 4k full frame, il che significa che si montano ottiche 35mm a tutti gli effetti, di conseguenza è una cinepresa con magazzino digitale ma quello che non mi tornava (memore delle esperienze fatte con la Viper) era il datarate del flusso che veniva scritto nell’hard disk. Com’era possibile che due hard disk da 2,5” messi in RAID, potessero registrare materiale non compresso? Infatti non è possibile. Il RED Code è RAW, ma non è certo non compresso. Il datarate a 4k è pressochè lo stesso di un file 1080p ProRes HQ cioè fra i 20 e i 35 Mb/s. Ben lontani dai 190 di un 10bit log. Per cui, se la matematica non è un opinione da qualche parte la fregatura deve esserci. Ho consultato il mio guru sul digitale, Dante Cecchin, il quale, anche lui dubbioso sulla camera in questione, ha fatto dei testi di trasferimento in 35mm del materiale RED e ciò che è risultato è stato un discreto rumore sulle basse luci, cosa che per le camere digitali non è una novità, ma che con la Cinealta si era notevolmente ridotto. 
Ma questo dettaglio (?) non mi ha sconfortato e sul set ci siamo parecchio divertiti. La RED è molto pratica, ed ha diverse funzioni che aiutano a velocizzare i tempi di shooting: si può, ad esempio, cambiare la risoluzione da 4k a 3k per ottenere un taglio più stretto senza cambiare ottica (considerando che il DI avviene sempre in 2k, ciò non compromette la qualità), si può girare in slomo a 50fps (3k) e 100fps (2k) e, a fine giornata, si sgancia l’hard disk, si collega al mac e si copia il girato. Dopodiché con Final Cut il procedimento di lavorazione è semplicissimo e molto agile. Personalmente sono  un fan del ProRes da quando è uscito e questa volta ho utilizzato il 4:4:4:4 per tutto il DI. Mi sono fatto degli LT per l’editing sul portatile (a Pasqua ero in viaggio…) e poi ho relinkato tutto al ritorno sul Mac Pro. Intuitivo e facilissimo. Il log & transfer ti permette di imprimere ai file ProRes una sorta di luce unica (3200, 5600, tungsteno…) in modo da lavorare su file il più vicini possibile al risultato finale. A questo punto puoi scegliere di rimanere coi ProRes oppure di esportare un XML e ricollegarti al girato RAW, considerando però, che tale formato non va nemmeno in play in tempo reale. Per il grading abbiamo utilizzato per la prima volta Color, strumento interessante anche se, abituati al tempo reale del Da Vinci  dà un po’ ai nervi. Di ‘ciccia’ ce n’era a iosa, i ProRes hanno retto alla grandissima e, considerato che abbiamo girato con tempo variabile, nuvole, vento, sole, il tutto in tre ore effettive, il risultato ‘estivo’, alla fine dei conti, è riuscito.
Posso considerarmi soddisfatto dell’esperienza, per un certo tipo di produzione la RED è la soluzione ideale.
Una nota divertente è che dopo aver fatto tutto come si deve, lavorando sempre in 2k, il cliente ha mandato in onda lo spot dal file di preview che gli avevo mandato via email: un h264 512×288 dall’incredibile datarate di 500 kbit/s… ma non in televisione… sul maxi schermo dello Stadio Olimpico…


Prossimo esperimento Canon 5D…

Ecco lo spot.


AS ROMA CAMPUS – Commercial 2010 from Piero Costantini on Vimeo.
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